Da quando ebbi modo di assistere alla proiezione del film Vitriol l’ idea del medaglione e dei suoi segreti non è più andata via dalla testa. Oggi a distanza di un mese circa scrivo queste righe per dare nuovi spunti di riflessione in merito. Spero che le mie idee siano da aiuto a qualcuno. Andiamo con ordine.
Senza ritornare sul come e dove è stato trovato (rimando al mio precedente articolo), il medaglione si presenta con una stella dal disegno alquanto particolare (secondo i reincarnati di Atlantide e senza scomodare i Realiani il simbolo in questione rappresenta i poteri ESP latenti in ognuno di noi e sviluppabili grazie alla pratica) in grado di ruotare grazie ad un piccolo perno centrale. Al di sotto della stella vi è un quadrato composto da una griglia numerica. La somma dei numeri di ciascuna riga o di ciascuna colonna dà sempre il numero 111. La stella è dotata di due buchi che lasciano intravedere una coppia di numeri nel momento in cui essa viene girata. Le punte della stella a loro volta danno una serie di numeri tra quelli che si trovano lungo la circonferenza del medaglione.
Analizzando la rotazione della stella sui suoi 360 gradi ci accorgiamo che sono possibili solo 4 coppie di numeri: 1-11 , 36-26 , 31-8 , 29-6. Solo due coppie sono utilizzabili in quanto le altre due in ogni caso portano ai medesimi risultati di cui sotto. La prima coppia di numeri è ottenuta dall’ indizio relativo alla vita di Adamo e alla sua collocazione nella bibbia che a rotazione avvenuta dà i numeri 40 – 52 -01 e 14 – 16 – 39. Tali numeri identificano la coordinata geografica del Cimitero delle 366 fosse. Ci rechiamo sul posto ed analizziamo l’ architettura dell’ edificio. Ci accorgiamo che i numeri 29 e 6 sono i numeri che ci interessano. Infatti corrispondono ai giorni di febbraio di un mese bisestile e al numero di fosse collocate nel perimetro coperto dell’ edificio. Tali numeri sul medaglione ci danno una seconda serie di numeri! Essi sono 40 – 52 – 14 e 14 – 17 – 31. Stesso gioco di prima e ci accorgiamo che i numeri corrispondono alle coordinate geografiche del Chiostro di Poggioreale monumentale edificio all’ interno dell’ omonimo cimitero. Carta geografica alla mano e ci si accorge che le due coordinate possono essere unite con una retta (ovvio) . Ma prolungando la retta verso Sud Ovest ci accorgiamo che essa passa esattamente sull’ Albergo Dei Poveri mastodontico edificio elaborato anch’ esso su progetto dell’ architetto Fuga. La geometria ci insegna che per tre punti passa una sola retta! Un caso? Non direi.
Le stranezze non finiscono certo qui’, infatti non è il cortile allineato con il cimitero delle 366 fosse e il chiostro ad interessarci bensì quello centrale. Difatto ingrandendo la veduta aerea è evidentissima un enorme X….A questo punto la domanda nasce spontanea: “La X rappresenta il punto dove scavare o dove arrivare? A mio avviso l’ ipogeo del Chiostro di Poggioreale potrebbe nasconde l’ accesso ad una galleria sotterranea ben evidenziata in superficie ma all’ epoca dei fatti, in assenza di qualsiasi strumento elettronico, accorgersene e arrivare a queste considerazioni dal nulla era un impresa ardua. Prendete la mia conclusione come pura fantascienza, oppure no. A voi la scelta ma come mi fece notare il caro amico Marco non sarebbe la prima volta che “qualcuno” ci lascia un segno evidente della sua esistenza….
Ciao Salvatore,
Compliementi per l’ottimo articolo di approfondimento sulla planimetria arcana di quella zona di Napoli, da te presa in considerazione, successivamente alla visione del film “Vitriol”.
In questo articolo, subito dopo aver visto l’immagine, dove tu tracciavi la linea che collega il Cimitero delle 366 fosse con il Chiostro di Poggioreale, passando per l’Albergo dei Poveri, prima ancora di continuare a leggere il testo, mi è immediatamente venuta alla mente la linea immaginaria che collega le tre piramidi di Giza e che, come da te citato nel seguito dell’articolo, riproduce la Cintura di Orione.
A questo proposito, ti segnalo un libro in inglese acquistato da poco: “The Orion Zone. Ancient Star Cities of the American Southwest”, di Gary A. David (casa editrice: Adventures Unlimited Press, Kempton, Illinois, USA). Questo libro, il cui titolo ho visto citato in un documentario andato in onda circa un mese fa su “History Channel”, parla della presenza di tali collegamenti immaginarii tra strutture costruite dagli indiani Hopi nel 1100 d.C., nel deserto dell’Arizona. Ho acquistato tale libro, perché il mio interesse era stato attirato dalla presenza, ad un’altra latitudine del nostro pianeta, di una raffigurazione simile a quella identificata più di un decennio orsono da Robert Bauval e Adrian Gilbert, che ne avevano parlato nel loro libro “The Orion Mystery” (1994).
P.S.: per non lasciare “in fibrillazione” eventuali lettori di questo tuo articolo, mi permetto di indicare che l’ultima immagine inclusa nello stesso e che, come da te menzionato, ti ho precedentemente segnalato, raffigura la planimetria del Parc de Bruxelles, sito tra il Palazzo reale (parte bassa dell’immagine) e il Parlamento nazionale belga (costruito nel 1779, ha fin dal’inizio, rivestito la funzione di camera di rappresentanza del popolo; parte alta dell’immagine). E’ evidente l’immagine riprodotta nella pianta di tale parco: si tratta della parte superiore del “Sephirot” (http://it.wikipedia.org/wiki/Sephirot) della Qabbalah ebraica, anche detto “Albero della vita”, che rappresenta (detto in soldoni) la connessione dell’Uomo a Dio, della Terra al Cielo. Altra curiosità legata a questo parco, nella piazzetta circolare più piccola (parte bassa dell’immagine) la fontana ottagonale è circondata da sei statue in marmo bianco, delle quali è visibile il solo busto e i piedi, essendo le parti restanti coperte uno strato grigio. Ebbene, si dice che questo strato grigio che ricopre la parte in marmo bianco non sia casuale e che faccia parte dell’arcano che avvolge il parco.
Alla scritta “V.I.T.R.I.O.L.”, che appare in seno inverso, sul muro interno delle fosse nella parte inferiore del parco ho già accennato in un mio precedente commento.
P.S.1: Altra “curiosità” sulla struttura del Parc de Bruxelles: prolungando idealmente la linea che, partendo dal cerchio più grande (parte superiore dell’immagine) raggiunge la parte in basso, a sinistra, attraverso Rue de la Régence (già il nome della strada è tutto un programma! …) si arriva dritto al Palais de Justice.
Per completezza, ho eseguito la stessa operazione sull’altra linea, che partendo dallo stesso cerchio più grande (parte superiore della figura), raggiunge la parte in basso a destra. Così facendo ho raggiunto Place St. Boniface, che prende il nome dall’omonima chiesetta ivi presente. Non è che tale chiesetta abbia un significato particolare o, almeno, qualora vi sia, mi sfugge. Ad ogni modo, come per la prima linea, anche in questo secondo caso, non mi sembra casuale il risultato che si ottiene prolungando anche la seconda linea.
P.S.2: dimenticavo! Il piccolo tratto di strada che prosegue dal termine della seconda linea, si chiama Rue Ducale (altro nome, che potrebbe, a mio modesto avviso, non essere stato scelto a caso, come già Rue de la Régence).
Grazie come sempre per i tuoi commenti Marco, sentiti libero di scrivere quello che vuoi.Le tue informazioni sono sempre spunto di ricerche e approfondimenti. Per quanto il medaglione appena mi é possibile pubblicherò una nota di approfondimento.
Scusate, ma, nella veduta aerea del Parc de Bruxelles, non vi vedete anche il compasso della massoneria?!
si certo, e dovrebbe esserci anche la squadra e la scritta vitriol solo che sono poco visibili dall’alto. Di fatto il parco è un chiaro esempio di architettura massonica.
ho letto l’articolo e i commenti.Interessanti. Mi e venuto in mente che tutto l’universo e geometria.